30 novembre, 2006





Di PEPPINO CORONA

Quella mattina per la prima volta si rese conto che il suo umore era identico a quello che aveva il giorno prima e tutti i giorni precedenti, anzi pensandoci bene erano mesi che si svegliava con la stessa sensazione d’inutilità.
Si ritrovava sempre più spesso a fare un bilancio della sua vita e il risultato era ogni volta lo stesso: un gran casino. Che cosa incredibile era ricordare volti e nomi di persone conosciute tanti anni prima e non ricordare il nome di una persona incontrata solo da pochi giorni. Allora insieme ai nomi ritornavano alla mente fatti, situazioni vissute ed erano sempre momenti dove lui aveva un ruolo negativo, comportamenti sbagliati, decisioni che poi si sarebbero dimostrate pessime. Ogni volta che un episodio gli ritornava alla mente il suo corpo era scosso da un brivido, era un attimo, una sensazione sgradevole, ma inevitabile. Quel giorno svegliandosi prese una decisione. - Basta, cavolo è possibile che non abbia mai fatto una cosa positiva, piacevole da ricordare - Tolti tutti quelli che lo consideravano uno stronzo, e francamente non erano pochi, si chiedeva se c’erano delle persone che gli avevano voluto bene, che avevano avuto un’opinione positiva di lui.
C’erano? Si, ma poche.
- Basta! Mi sono rotto! - Questa fu la conclusione di quel cambiamento di tendenza e prese un’altra decisione, l’ultima, quella definitiva, quella che gli avrebbe tolto di dosso quella maledetta sensazione di ultimo della classe, di perdente cronico. Il suicidio.
Si fa presto a dire suicidio, ma come togliersi la vita? Sotto un treno? E dove lo trovo un treno pensò, la metropolitana… no, spiaccicato sui binari, con decine di persone che fanno tardi al lavoro per colpa mia. No, il treno no.
Un colpo di pistola alla testa, ma lui non aveva una pistola.
Impiccato, una corda si trova, anche una trave, un tubo, ma poi si ricordò di aver letto che gli impiccati spesso nel momento del trapasso si pisciano sotto. Ancora una brutta figura, scartata l’ impiccagione.
Il gas. Indolore. Passi dalla vita alla morte senza accorgertene, ma poi un testimone di Geova qualsiasi suona il campanello di casa e tutto il palazzo viene giù, decine di morti, feriti e da suicida diventi anche stronzo. Niente gas.
Il taglio delle vene. Basta una lametta, ti sdrai nella vasca da bagno la riempi di acqua calda e come aveva visto in un film immergi i polsi nell’acqua e tagli, così non senti neanche il dolore e il gioco è fatto… Però non aveva la vasca, aveva un box doccia piccolissimo e poi tutto quel sangue sai che impressione. No, niente tagli.
I barbiturici. Un sacco di gente si ammazza con i barbiturici, ma non sapeva cos’erano e allora andò a guardare su un dizionario.
Barbiturico: s.m. Composto velenoso, derivato dall’acido barbiturico, impiegato in piccole dosi come sedativo e ipnotico.
Allora pensò che per comprarlo serviva una ricetta. Scartò anche questa ipotesi perchè il suo medico non gli avrebbe mai prescritto dei barbiturici. Il suo era un medico strano.
Che cosa complicata il suicidio, pensò.
Quella mattina prese l’ennesima decisione, questa volta veramente l’ultima. Si fece la barba, una bella doccia calda, indossò i pantaloni preferiti, la camicia preferita, il maglione preferito e si mise le scarpe belle, quelle che non indossava quasi mai per non rovinarle. Uscì. Era una bellissima giornata e il sole e il vento leggero gli ricordavano la Sardegna. Ecco, già un ricordo piacevole. Era sulla strada giusta, quel ricordo ne chiamò un altro, una spiaggia isolata, una donna , una giornata indimenticabile.
Prese la metropolitana senza gettarvisi sotto, scese a Piazza di Spagna, si sedette sulla scalinata e si accese un sigaro. Guardò con soddisfazione le sue scarpe e passò la giornata ad osservare le ragazze che salivano e scendevano la scala. Erano tutte affascinanti e decise che tutto sommato la vita era bella e dimenticò tutti quegli stronzi che lo consideravano uno stronzo. Pensò che qualcuno sicuramente lo amava e questo gli bastò per farlo sorridere. Perso nei suoi pensieri riguardò le sue scarpe e si disse che una cosa buona l’aveva fatta. Aveva comprato le più belle scarpe del mondo.

24 novembre, 2006

Il Perozzi



" Di nuovo le stelle, come le ho viste la notte scorsa e tante altre notti.. Notti, giorni, amori, avvenimenti...

Ho già sulle spalle un bel fardello di cose passate. E quelle future? Che sia per questo, per non sentire il peso di tutto questo che continuo a non prender nulla sul serio..

.. Però è stata una bella giornata.. Bella, libera... stupida. Come quando si era ragazzi.

Chissà quando ne capiterà un' altra... "

1930- 2006.

04 novembre, 2006

Recinzione de " Fascisti su MMarte"


Nzomma com'è e come nun è, ce sta sto razzo che sfreccia nello spazzio mentre in sottofondo na voce a bordo campo aricconta de 'sti fascisti che s' ereno messi in testa de annà su Mmarte pe' daje un pò de colore negro pure che li negri je staveno sulle palle. Un sacco de luci e de colori pizzichedelici nella sigla che rimandano a 'na certa filmaggiografia de Adissee nelli spazzi ce illùmineno sulla condizzione pizzicotrofica de li protagonisti che s' ereno fumati l' impossibile, anche perchè sennò come facevano a trovà er carburante giusto dar momento che er razzo nun se capisce bbene come vola? Daje che t' aridaje sto cannone gigante de metallo se schiantà sulla sabbia, ed ecco che escheno fori sti tizzi vestiti da arbitri- se capisce bene 'na certa satira verso un campionato de merda che s' è risorto in una balla spazziale. Ce sta er capoccia Barballi che je rode sempre er chiccherone, forze perchè c' ha dei trascorsi brutti anche se nun se vede ma se capisce da certi rimandi a capoccioni volanti e a pupazzi che se riallacciano all' infanzia negata. Anfatti sto tipo c' ha certe Madonne, ma certe Madonne che le vede solo lui. Poi ce sta un regazzino disadattato che gioca sempre a pallone- come nun ricordare il calcio negato, i mondiali persi dall' itaglia pé 'na incapacità abbissale de affrontà la realtà che i carci de rigore nun li sapemo tirà- , c' è uno brutto che nun se capisce se c' ha 20 anni oppure 50 che c' ha la fissa della briscola ma fa male gli schemi e je viene fòri un 5- 5-5 che lo fa impazzì; poi c' è uno che je piace la bella vita e se la fa con le marziane prima della finale, ce ne stà n' antro che nun parla mai e penza alla donna che sta a casa a guardallo in televisione e perciò je viè da piagne. Infine c' è uno cicciottello che prima è bianco, poi diventa negro, un omaggio al trasformismo del calcio e un' amara nota de autarchia che ce fa capì quanto è importante puntà sulla primavera della Roma. Questi qua inzomma cercheno de comannà su li serci, li pijano a carci, li butteno in rete, ma nun è che la partita s' arisorva un granchè, fino a cchè nun arivano quattro scosciate de drive in cò la cuccumella in testa che cercheno de faje capì che prima der derby ce se pò pure divertì, basta che se lasci pede la pleistescion e i superarcolici. Allora a sto punto succede un bordello, forze una metafona della promiscuezza sessuale: uno se fà frate( e qui un riferimento all' assenza dei valori cattolici ner Carcio), un 'artro scappa cor sasso, allagorìa de la fuga in classifica der milan, mentre er regazzino cor Negro e er matto se danno co' le cavallone, forze un ritorno ar passato sull' astronave der consumismo anni '80 che però ce riporta a scudetti indimenticabbili.. Dallo che t' aridallo, er capoccia rimane da solo sulla sabbia cor rodimento de chiccherone che, è proprio er caso de dillo, è alle stelle, fossilizzato in una concezione der carcio che è rimasta all' anni 30 che vabbè che regalarono un grosso scudetto alla maggica, però te fanno riflette. un fim amaro, crudo, dove se ride pe' nun piagne,, anche se c' è da di che li colori dominanti giallerossi je danno una nota de prestiggio...

Grazie a Lorenzo Ghezzi e a Johnny Palomba per le lezioni di stile..