28 febbraio, 2007

E se aprissimo una web radio????


Tornare in "onda", on line certo, ma sperimentare un nuovo media è quello che abbiamo fatto 30 anni orsono e quindi perché non riprovarci? E' un'idea che stiamo accarezzando e che non ci dispiace affatto, ma alla quale vorremmo partecipaste tutti, perché una radio è libera se è aperta a tutti. Fateci sapere se l'idea vi piace, vi attrae e se vi sentite pronti per questa sfida.

14 febbraio, 2007

Quanto tempo...


Carissimo Maurizio Amici, nel lontano (ma a me vicinissimo) 1976, costretto all'immobilità da un operazione alla mia gamba-matta, scopro l'esistenza dipersonaggi che vagavano nell'etere in FM. Tra questi, quelli di Radio Hanna.Ne ricordo due in particolare: Maurizio Amici e Anna Pettinelli. Quante ore passate ad ascoltare !!Poi arriva anche Bruno Vilar. Quanta umanità . Legge addirittura dei miei versi in diretta. Mi manda due suoi scrittidedicati e autografati (oggi conservati gelosamente). Poi , ci lascia. Un giorno (quando finalmente posso camminare) Maurizio Amici e AnnaPettinelli mi invitano presso gli studi di Radio Hanna (dove erano??) e ciconosciamo. Che emozione!! In seguito farò radio anche io, farò anche pillole di doppiaggio. Dicevano(e dicono) che la mia voce è unica.Le cose però cambiano: si cresce, arrivano altri obiettivi, ci sono le"necessità", e si appende al chiodo il proprio istinto. Ma i ricordi sono sempre vivi. Ed oggi, trovando per caso il sito di LibereVoci, ho rivisto volti (con anni in più...) che mi hanno dato le stesse emozioni. E mi fa piacere scrivere a te (permettimi il tu), come ad un vecchio amico.Grazie, per ieri e per oggi. Francesco.

11 febbraio, 2007

Antenna... idraulica [02]

Insomma st’ingegnere mi vendette il “lineare”, il modulatore e l’antenna. Bella! Stavolta ci aveva i dipoli aperti, ovvero ciascuno dei suoi quattro elementi erano fatti a T, una T deforme, bassobbasso il verticale e lunghi gli orizzontali.
Noi eravamo abituati a Vieri Romagnoli, che li faceva chiusi i dipoli, strozzando tubi d’alluminio sul fornello del gas di cucina, ma mica per scherzo… Poi questo di nome faceva Vieri sul serio, ma abitava a via Romagnoli e quindi ce lo chiamavamo noi così. Ma Vieri faceva parte della prima radio, quella del 1976, mentre noi eravamo a Natale 1977 e quella era la seconda.
L’ing mi mostra la robba, fa una specie di prova funzionale e mi dice: “Dove avete il traliccio per l’antenna?”
Traliccio, penso io, traliccio… “L’altra volta abbiamo usato un palo”.
“Un palo? E dove lo montate?”
“Sul terrazzo condominiale di casa mia”, risposi io.
“Gesummarìa”, fece l’ing, “e che palo è?”.
“I tubi dell’acqua con i giunti interni, presi da Pischiutta”, un grossista di forniture idrauliche… perché, tu come fai di solito?
A 17 anni non era normale dare del tu agli ing cinquantenni, ma d’altronde neanche dargli seicientomila lire per un po’ di ferramenta, quindi così mi veniva. Non fu per il tu, ma piuttosto per il tubo, che l’ing (che ci aveva un nome strano, assì, Zumbo si chiamava!) cominciò a guardarci con altri occhi.
Ma noi neanche ce ne accorgemmo. A casa, la bassa frequenza era pronta: mixer 8 canali con equalizzatore autocostruito, pizza Revox A77 residuato, piastra a cassette Teac con automodifica per nastri al cromo, due giradischi microqualcosa con testine Shure ed Empire, microfoni RCF da canto con supercuffietta per attuare tutto, cuffia anche quella vattalapesca (ma erano ancora quelle con il sarcofago intorno alla recchia) e saldatore semprecaldo per i cavi che andavano, ronzavano e venivano via come le albicocche mature.
… sì, c’era tutto! O no: mancava il palo. Quello pesava ed ingombrava, e per andare a prenderlo ci voleva un’automobile. E la patente: solo due o tre di noi avevano già diciott’anni, e solo uno una Fiesta sua, quella che usavamo tutte le sere per andare a rimorchiare, vabbe’ a far finta di rimorchiare. La scelta sarebbe stata obbligata.

10 febbraio, 2007

che vi avevo detto???

eccomi di nuovo qui,mi aspettavo che qualcun altro scrivesse,allora che aspettate?
siamo tutti contenti e soddisfatti di chi partecipa a questo blog!
e sopratutto ci da la forza per andare avanti.
a presto
daniela

09 febbraio, 2007

ciao a tutti!!!!!


Eccomi finalmente. Sono riuscita ad entrare nel blog! D'ora in poi non riuscirete facilmente a liberarvi di me, sono una "made in Italy", a buoni intenditori.... poche parole.

Vinci al toto? Fatte 'na radioo! [01?]

Franco si chiamava, un metro e sessantacinque, nero e baffi neri. “Ma non sei tu quello che fa una tripla e tre doppie?”, inquisì verso di me. Io, col volto ingenuo nel senso italiano (d’oggi) e non in quello inglese, feci come Banfi, agitando da sinistra a destra guanciotti che non avevo.

Einvecesì! Una tripla e tre doppie, ergo un tredici e dodici dodici e centotrentuno undici o giuddillì, al cambio novecentomila cucuzze e rotti! All’epoca uno stipendio di categoria B stazionava a ridosso delle seicentomila, insomma un bendiddio nel quale scegliere:

- numero TRE mignottoni afgani, rimediati dar “tazzina”, che il puttantùr al confronto è gnenteee;

- numero DUE settimane di vacanza studio e lavoro in Inghilterra, vicino Londra (122 km con treno a binario unico);

- numero UNA… radiolibbera!

Inseguito dai ricordi di Onan il (ra)barbaro e dar “tazzina”, che si chiamava così perché ci aveva la crapa pelata e una recchia sola, la scelta era una sola: laradiooo!

Sì, perché le altre storie di radiolibera che avevamo fatto c’erano andate di traverso, e quindi quale sogno migliore di questo? Signori, altro che emmeppitré e chat: IO sarei stato l’Arai, l’Abbibbissì!

Stavolta i soldi c’erano e le apparecchiature sarebbero state professionali. C’era l’ingegner taldeitali (che poi me lo ricordo): subbito da da lui!
Epperò quando ancora non avevamo diciott’anni noi chi c’era mai stato a Capannelle? Era un viaggio senza Google Maps, col tuttocittà ancora con i quartieri in risoluzioni diverse per cui chiddìo lo sa quanto è lontana ‘sta cosa? E arrivavi lì, in campagna, con l’ingegnere che lavorava a casa sua tra le vacche, ti guardava e ti salutava “Ciao, Franco!” e tu sincero magari sì, ma Franco proprio non eri.
Comunque questo -che non mi ricordo come si chiamasse- ci vendette il “lineare”, un cassettone bellissimo con frontale in alluminio anodizzato che da solo costava quanto tutti gli autocostruiti che m’ero fatto a mano che giammai avevano funzionato (essì, l’alta frequenza era un’altra cosa!).
Da qualche parte sta ancora lì, nel box in terrazza, col suo monocolo (il wattmetro) che mi guarda come Polifemo guardava Ulisse, ululando nel dolore che Nessuno (eeeccomi!) l’ha accecato…